Intanto ci sono gli attori istituzionali: lo Stato che mantiene le competenze relative alla definizione dei livelli essenziali, uguali per tutti i cittadini, in virtù della riforma costituzionale del Titolo V, come contestualizzato dalla legge n. 3 del 2001; quindi le Regioni, alle quali spetta la competenza di definire gli indirizzi della politica sociale locale (e della spesa sociale), nonché di indicare tempi e strumenti di gestione, oltre a verificare gli stati di avanzamento; agli enti locali spetta la gestione e l’organizzazione dei sistemi locali di welfare, attraverso una programmazione triennale (Piani di Zona, PLUS).
La pianificazione prevede ampi livelli di partecipazione, secondo gli schemi della democrazia diffusa, utilizzando gli strumenti delle governance sociali, gestite secondo regole stabilite a livello territoriale. Le governance devono essere animate dal maggior numero di soggetti sociali, per garantire una equa condivisione delle scelte e delle responsabilità, grazie ad una più efficace gestione delle competenze e dei saperi e, quindi, delle risorse.
I soggetti della programmazione sono quelli definiti all’art. 1, commi 4 e 5 della legge n. 328 del 2000, in particolare enti terzi, scuole, università, ministero giustizia, aziende sanitarie locali, le diverse componenti del privato sociale, comprese le imprese sociali, enti e associazioni di cittadinanza e sindacati. Ma l’evoluzione del sistema dovrà, comunque, prevedere un progressivo inserimento del profit, se non altro in termini di responsabilità sociale e di bilancio sociale.